Il mio BS&C: Nuvole, compagne di viaggio

Sono le 7.40 del mattino e per la prima volta alzo lo sguardo dal giornale per guardare fuori dal finestrino del treno: il sole colora d’arancio il cielo all’orizzonte mentre nuvole grigie ne attenuano la luce diffondendola.

Le nuvole, oggetti più o meno misteriosi che ultimamente guardavo con strana curiosità.

Le nuvole mi hanno accompagnato in quel viaggio silenzioso verso casa, anzi verso l’ospedale dove mia madre era stata ricoverata improvvisamente quest’estate in seguito all’improvvisa crisi epilettica causata dalle metastasi del tumore al cervello che poi l’ha portata via in quattro assurdi giorni.

E’ la prima volta che fisso il ricordo di quel giorno d’agosto quando la telefonata di mio fratello ha interrotto la nostra vacanza verso Roma per farci piombare in un dramma consumatosi forse troppo in fretta.

Guardo le nuvole e il mio pensiero va a mia madre che finalmente (per lei) ha raggiunto mio padre dopo una malinconica attesa durata ventidue anni; malinconica perchè quando anche lui se n’è andato ancora più improvvisamente il suo sguardo non è più stato lo stesso anche dopo tanti anni e il suo sorriso non è più stato quello di prima, malgrado figli, nipoti e parenti abbiano cercato di farlo tornare come prima.

Ma oltre ai miei genitori il pensiero va anche a mio fratello e mia sorella che come me sono completamente orfani ormai già da due mesi.

Ho da sempre associato la parola “orfano” ad un’età  adolescenziale ma dopo quanto accaduto non ha in realtà una reale collocazione temporale. Si diventa orfano quando chi ti ha amato sin da quando ti ha concepito per poi metterti al mondo, crescerti per poi lasciarti andare per la tua strada ti lascia a sua volta ma definitivamente, senza alcuna possibilità di ritornare.

Non importa quanti anni hai, il senso di vuoto è totale sempre, ad ogni età, anche se l’amore di chi ti è vicino attenua in parte la sensazione di dolore che provi.

Quella mattina d’agosto finché tornavamo verso casa in auto regnava il silenzio, lo stesso silenzio con il quale ho guardato le nuvole bianche e soffici cercando di non pensare alle parole di mio fratello. Le nuvole erano lì anch’esse a guardarmi e altrettanto silenziosamente ci hanno accompagnato verso quella stanza d’ospedale dove ormai non rimaneva altro da fare che osservare mia madre prima dimenarsi per un giorno e una notte intera e poi, grazie alla tenacia di un neurologo coscienzioso e “umano”, riposare serenamente in attesa di ricongiungersi per sempre con il suo uomo di una vita.

Il treno continua la sua corsa e cullandomi mi sta portando a destinazione; adesso il sole è un po’ più alto e le nuvole sono più chiare di prima: io sorrido alle mie compagne di viaggio e abbasso nuovamente gli occhi.

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