Generazioni di fischietti

Approfitto di questi giorni di vacanza per fare un po’ di ordine e ieri ho ritrovato i due fischietti che mi hanno accompagnato durante la carriera arbitrale nella pallacanestro.

Il fischietto di seconda generazione, che ho usato da quando ho iniziato ad arbitrare a livello nazionale, è quello tecnologicamente più avanzato perché progettato in modo che il suono emesso assomigli a un trillo, senza utilizzare una pallina al suo interno.

Già, la famosa pallina del “Balilla”, il fischietto di prima generazione, che ogni tanto si inceppava perché troppo umida e al posto del trillo si sentiva un vero e proprio sibilo che faceva ridere tutti e mi faceva arrossire per la figura barbina che mi procurava, soprattutto quando ero alle prime armi.

Ironia della sorte, proprio nel giorno in cui ho ritrovato i miei due fischietti ho perso una persona legata a quei due oggetti, colui che mi ha fatto diventare un arbitro.

Franco, per gli amici Frank, apparteneva alla prima generazione di fischietti ma era comunque uno che guardava avanti perché è stato uno degli organizzatori del primo corso per arbitri in terraferma, quando tutto il basket fischiato era di scuola veneziana, con sede in una stanza microscopica all’interno della Misericordia, la “palestra più bella del mondo” (cit. Carlo d’Alpaos).

Franco mi ha fatto diventare un arbitro perché, mentre Andrea Fornaro e Stefano Cecchinato mi facevano conoscere il regolamento tecnico e insegnavano come stare in campo, le segnalazioni e le casistiche di gioco più astruse e inverosimili per verificare l’assimilazione delle regole, Franco si pre-occupava di farmi capire il gioco, di coinvolgermi per farmi sentire parte attiva della partita, anche se in forma discreta e non protagonista. Per usare termini molto in voga adesso, insegnava le soft-skills mentre gli altri due le hard-skills.

Una sua particolarità: quando doveva segnalare l’infrazione di “tre secondi” utilizzava l’anulare come terzo dito anziché il pollice, come indicato nel regolamento. Ma lui era avanti di una generazione e guardava già agli arbitri statunitensi, anche se il suo fischietto aveva la pallina.

Al tempo del corso avevo tredici anni e Franco mi sembrava più uno zio che un insegnante, anche per una leggera differenza d’età rispetto ad Andrea e Stefano, i fratelli maggiori di quel gruppo di zufolatori in erba; quello zio che ti insegnava qualcosa di poco ortodosso ma sicuramente d’aiuto in situazione scomode, quello che ti perdonava qualche errore perché sapeva fatto in buona fede.

Quando ti designava per una partita la descriveva come se fosse una finale olimpica, anche se giocavano la prima in classifica contro l’ultima; era il suo modo per convincerti a fare una trasferta verso zone una volta impervie per le carenze di collegamenti con i mezzi pubblici da Mestre come il basso-Piave. Io accettavo sempre, o quasi, anche perché il suo modo di fare era sempre convincente e amichevole, forse perché abituato alla parola con gli avventori dei locali dove lavorava.

Quel suo modo di fare, assieme alla sua disponibilità anche fuori dall’ambiente arbitrale, la gentilezza e l’allegria lo rendevano una persona speciale, uno che definiresti “una bella persona”.

Dopo aver smesso di arbitrare ho staccato la spina da quel mondo perdendo un po’ di contatti ma quando la buona volontà di qualcuno ha permesso qualche anno fa di ritrovarci più o meno tutti è stato bellissimo incontrarsi nuovamente. Ritrovare Franco, Andrea e Stefano, il mio “corpo insegnante”, è stato emozionante perché mi ha riportato indietro a quando andavo in giro per oratori a Venezia o palestre più o meno regolamentari a Mestre e dintorni per un arbitraggio pionieristico, a volte da solo ma il più possibile assieme a un altro compagno, anche perché a questo Franco teneva molto, per formare lo spirito di coppia e farci migliorare.

Franco è stata una persona che ha lasciato un segno e, come ha scritto qualcuno, merita un segno particolare da parte di chi come me ha un debito di riconoscenza nei suoi confronti.

Ciao Franco, fai buon viaggio, dovunque tu decida di andare.

Alla prossima.

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