Ciao a tutti.
Alle Olimpiadi di Monaco del 1972 per la prima volta nella storia dei Giochi gli Stati Uniti NON vinsero la medaglia d’oro nella pallacanestro perché dopo tre tentativi di ripetizione degli ultimi secondi di gioco l’allora Unione Sovietica vinse 51 a 50.
Per gli USA, nazione che inventò il gioco, fu uno smacco “storico” che in qualche modo doveva essere “vendicato”, anche se i giocatori selezionati per la nazionale Nord-Americana erano – come tutti gli altri atleti del loro paese – tutti universitari mentre quasi tutte le altre nazioni schieravano atleti professionisti. Lo spirito olimpico che inneggiava al dilettantismo veniva sempre meno e quindi nel 1992, dopo diverse trattative tra il comitato olimpico USA e l’NBA a Barcellona si presentò quella che fu soprannominata il “Dream Team”.

Quell’anno io ne avevo quasi trenta e alle Olimpiadi facevo il tifo per… Stefano Cazzaro, arbitro veneziano che rappresentava l’Italia cestistica in quanto il basket “giocato” non aveva ottenuto il passaporto per Barcellona e così quando per Natale mio figlio ricevette “Dream Team” di Jack Mc Callum anch’io fui contentissimo.
Questo libro racconta di come questa squadra prese forma, delle attività diplomatiche tra l’allora commissioner NBA David Stern e il responsabile FIBA Boris Stankovic per convincere i giocatori NBA a rinunciare alle vacanze e partecipare alle Olimpiadi, delle lotte tra gli sponsor dei vari atleti e della Federazione USA e della trionfale cavalcata della squadra fino a raggiungere l’oro olimpico.

Dal punto di vista del gioco ci fu poco spettacolo a meno che non si vogliano considerare le loro partite lezioni di basket per tutti, dagli avversari di turno agli spettatori. La loro presenza a Barcellona può essere paragonata a quella di un gruppo di semi-dei che decisero di fare una scampagnata in terra di Spagna per fare delle vacanze alternative.
Il bello del libro secondo me sta nei racconti di Mc Callum legati al “backstage come la partita di allenamento a porte di chiuse di Montecarlo o le nottate nella living-room dell’hotel Ambassador a Barcellona passate a giocare a carte, della rinuncia da parte della security americana di preoccuparsi troppo per le uscite senza scorta di Barkley a sera tarda in giro per la Rambla e dei continui “trash-talk” tra i giocatori anche durante le partite a carte o a ping-pong.
Di tutti i giocatori descritti in questo libro quello che ha maggiormente attirato la mia attenzione è stato Larry Bird anche perché in quel periodo lui aveva già deciso di ritirarsi e che per “onor di patria” volle partecipare anche perché senza di lui non sarebbe stata la squadra da sogno degna di quel nome. In effetti negli ultimi 10 anni Bird & Magic portarono l’NBA a livelli mediatici inimmaginabili e nel 1992 Michael “Air” Jordan aveva vinto il suo secondo titolo consecutivo con i Chicago Bulls e si apprestava a fare il primo dei suoi due “triplete” o per dirla all’americana, “Three-Peat” quindi loro furono di diritto i primi tre giocatori scelti per il Dream Team.

Gli altri ovviamente furono attori co-protagonisti a cominciare da “Sir” Charles Barkley per finire a John Stockton. Forse l’unica comparsa fu Christian Laettner, unico universitario proveniente da Duke che fu accodato forse per dare una parvenza di “apertura” al dilettantismo da parte dell’NBA.
Dietro ad ogni giocatore però ci sono delle storie personali bellissime che l’autore è riuscito a descrivere con l’aiuto di altre persone che vissero quell’avventura, come allenatori, assistenti, avversari o parte e anche questo è un motivo in più per leggere questo libro.
Come scritto anche dall’autore alla fine del libro anche la squadra che partecipò alle successive olimpiadi fu composta da “Dream Teamer” ma anche se fu ri-battezzata “Dream Team II” come tutte quelle che vennero dopo non possono essere paragonate alla prima e per me unica “Squadra dei Sogni”.
Da leggere, per tutti gli appassionati di basket.
Alla prossima.