
Ciao a tutti.
In uno dei gruppi ai quali sono iscritto, “Strategie competitive e modelli di business” è apparsa questa discussione relativa ai curriculum vitae e al loro destino di “message in a bottle”, parafrasando una famosissima canzone dei Police.
Ho scritto così perché quando si spedisce un cv in risposta ad una ricerca contrariamente a quanto succede all’estero nella stragrande maggioranza dei casi non si riceve alcuna risposta malgrado il proprio profilo sembri essere perfettamente calzante con la job description inserita nella ricerca.
Vi riporto la domanda principale ed il mio primo commento ma mi rimando alla lettura di tutti gli altri perché ritengo molto interessante lo sviluppo dell’argomento.
La domanda era questa:
Quanti annunci di ricerca anche per posizioni di rilievo urgenti , urgentissime… Vi candidate e poi .. tutto tace. Eppure il CV è perfetto, l’esperienza è ottima. Secondo voi perchè ?
Questo il mio commento:
Ho letto l’articolo che ha indicato Antonio e mi trovo d’accordo con l’intervistato.
La parola chiave è etica ma devo dire che il comportamento generalizzato degli “head hunters” già da prima della crisi (indicherei dal 2005 ad oggi) è quello di lavorare con i filtri.
Da sempre però il gioco delle parti prevede che le aziende ed i candidati facciano i loro interessi rispettivamente aumentando i requisiti e abbassando l’offerta retributiva (le aziende) mentre i candidati gonfiano le loro esperienze e le retribuzioni.
Voglio sorvolare il discorso politico e solo accennare al fatto che anche nel privato ci sono figure che una volta assunte si trasformano in lavoratori “statali” (con tutto il rispetto per quegli statali che veramente lavorano e ce ne sono molti) impossibili da rimuovere se non pagandone profumatamente l’uscita.
La situazione attuale però (anche legata a questo particolare momento di crisi) determina che assumere diventa pericolosissimo per le aziende e quindi si opta per figure di basso profilo o a partita IVA fermo restando un’offerta retributiva bassissima accettabile solo da chi è disperato.
Non pretendo i test d’ingresso (a parte per le figure operative) ma quando si parla di figure con compiti decisionali o di responsabilità l’esperienza credo sia fondamentale ma sarebbe auspicabile una verifica di quanto ottenuto nelle esperienze precedenti da parte del candidato oppure impostare il periodo di prova come test reale delle capacità; una volta superato questo test diventerebbe “quasi oggettivo” il valore delle persone con conseguente proposta economica adeguata.
Dalla parte del candidato però ci deve essere l’assunzione di responsabilità e la consapevolezza che esiste il rischio d’impresa legato al periodo di prova quando si intraprende una nuova esperienza perché le aziende non possono assumere a scatola chiusa; poi cercare di allargare le proprie competenze per avere più possibilità di proposta e non ultima tenersi aggiornato con la propria competenza per essere sempre “appetibile” e se lo si è si viene cercati dalle aziende e non viceversa.
In tutto questo gli Head hunters devono sforzarsi nel fornire un servizio vero di consulenza sulle risorse umane alle aziende affiancandole nella selezione e non sostituendosi “in toto” come più volte accade.
Se guardiamo fuori dal nostro territorio le società di lavoro interinale sono nate per proporre alle aziende figure con taglio operativo mentre gli head hunters erano e sono più consulenti aziendali (e quindi anche più presenti) sulla gestione delle risorse umane di profilo più manageriale.
E’ anche vero che poi che alcune società interinali hanno sviluppato divisioni che propongono profili più alti ma per esperienza personale, avendo provato diverse realtà, l’interlocutore “interinale” medio con il quale mi sono confrontato aveva poca esperienza sia di azienda che del settore mentre quello “HH” era forse meno preparato in ambiente ITC ma sicuramente conosceva flussi aziendali e soprattutto mansioni di figure così tecniche.
Voi cosa ne pensate?
Alla prossima.