PROSide: un corso “socialmente” utile

Social Enterprise – Fonte Internet

Ciao a tutti.

Fa caldo e sto facendo il conto alla rovescia per andare in vacanza ma visto che fino alle ferie devo continuare a lavorare almeno mi “allieta” il pensiero che da due settimane il venerdì in Metodo per me è un giorno “speciale” in quanto partecipo al corso “Social Enterprise”.

Come riportato nel sito di Sharazad, la società di consulenza che lo gestisce il corso…

… si occupa dei nuovi scenari sociali, di business e organizzativi che ci consentono di parlare di Social Enterprise. I contenuti volano alto, ma alla fine vogliono passare il concetto che per intraprendere questa strada ci vuole un salto culturale rispetto ai tradizionali rapporti di mercato…

Nella prima lezione i due docenti Stefano Schiavo e Nicola Zago hanno parlato di nuove dinamiche di business presentate attraverso esempi concreti sul Web e l’introduzione di concetti come l’ascolto e l’osservazione. molto interessanti i due “esercizi” in classe: uno basato sul “tu dici che” cioè  ripetere quanto detto nel precedente intervento prima di esporre il proprio pensiero; l’altro basato sull’assoluto divieto di fare domande “chiuse” per permettere ampia libertà di parola all’interlocutore.

Questi due esercizi hanno evidenziato come sia molto difficile (parlo ovvimente per me) prestare attenzione a quanto dicono gli altri perchè si è troppo impegnati a pensare a quello che si deve dire per cui capita spesso che nel tentativo di ripetere con il “tu dici che” si dica già quello che si ha in testa o tutt’altro rispetto a quanto ascoltato prima.

L’altra difficoltà sta nel cercare di fare domande senza introdurre già le risposte che in realtà sono quelle che pensiamo noi come giuste.

La seconda lezione +è stata tenuta da Silvia Toffolon, una coach che mi ha aperto gli occhi sulle modalità relazionali ampliando l’ambito anche fuori dal mondo lavorativo; la cosa entusiasmante è stata vedere lei che si commuoveva vedendo due video che sicuramente avrà già visto un sacco di volte ma che ogni volta le trasmettono la potenza di quanto ascoltato.

Devo essere sincero: sono rimasto molto positivamente sorpreso perchè mi aspettavo tutt’altro corso, molto più orientato all’utilizzo di strumenti tecnologici o a lezioni “frontali” e ben poco interattive; invece mi trovo a riflettere su come posso relazionarmi con gli altri per ottenere il massimo da loro e per migliorare me stesso.

Un po’ presuntuosamente sono contento che alcune mie considerazioni su come dovrebbe essere un ambiente di lavoro anche se non così ampiamente esplicitate si avvicinano a quanto sento durante questo corso.

Ultima cosa che ho notato (e imparato) ma che ha notevole importanza secondo me nelle relazioni è stato l’uso della parola “grazie”, un “passepartout”.

Aspetto con curiosità le prossime lezioni che vi racconterò perchè desidero condividere con voi questa mia esperienza:

Alla prossima.

4 thoughts on “PROSide: un corso “socialmente” utile

    1. Grazie a voi per l’esperienza che continuerà almeno perr altri tre “momenti” ma che mi auguro si protragga anche in futuro.

      Luca

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  1. La nostra paura …
    non è di essere inadeguati
    La nostra paura più profonda
    è di essere potenti oltre ogni limite.
    E’ la nostra luce, non la nostra ombra a spaventarci di più
    Ci domandiamo: “Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?”
    In realtà, chi sei tu per non esserlo?
    Siamo figli di Dio.
    Il nostro giocare in piccolo non serve al mondo
    Non c’è nulla di illuminato
    Nello sminuire se stessi, cosicché gli altri
    non si sentano insicuri intorno a noi.
    Siamo tutti nati per risplendere, come fanno i bambini.
    Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è dentro di noi.
    Non solo in alcuni di noi: in ognuno di noi.
    E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere
    inconsapevolmente diamo agli altri
    la possibilità di fare lo stesso.

    E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
    la nostra presenza libera automaticamente gli altri.

    dal discorso di insediamento di Nelson Mandela, poema di Marianne Williamson

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